lunedì 9 giugno 2014

La Ruota della Vita ***


La Ruota della Vita







Tra il cerchio esteriore delle stagioni umane e la doppia via bianca o nera si estendono i sei regni dove l’essere deve rinascere in funzione dei propri atti corporali, della parola e del pensiero.
Vediamo innanzi tutto, al centro della parte superiore, il paradiso temporaneo degli dei, poiché anche gli dei muoiono, là dove non è rispettato il richiamo del Buddha contro la vanità dei piaceri. Talvolta, degli echi di lontane battaglie giungono loro dal vicino impero dei Titani, che combattono duramente per soddisfare irreprimibili ambizioni. Tra essi il Buddha porta la spada. Nella metà inferiore vi sono tre spazi che è bene evitare: sono i luoghi lugubri in cui i cattivi spiriti si accaniscono a moltiplicare i tormenti. A destra, vediamo mostri avidi torturati dalla fame e dalla sete che non possono placare i loro desideri a causa di difformità fisiche.
Il loro cielo è tuttavia rischiarato da un Buddha che reca uno scrigno colmo di gioielli dello spirito. Un po’ più in basso stanno i luoghi infernali, dove regnano fuoco e ghiaccio per punire i colpevoli di cattive azioni compiute sotto l’influsso dell’odio o della collera. Questo mondo spaventoso è sorvegliato da un accolito del Signore della Morte, che valuta i pesi delle azioni di ciascuno. Il Buddha qui è portatore di una fiamma, quella della speranza, poiché nessuna vita è eterna.
L’ultima sezione inferiore a sinistra è popolata da animali, schiavi del buon volere di altri esseri, e il Buddha vi testimonia  la sua presenza con il libro. Tra questo regno animale e la sede degli dei sta lo spazio degli uomini con tutte le loro diversità.
E’ all’essere umano che tocca in definitiva il maggior privilegio, perché in tale caleidoscopio screziato all’infinito egli è il solo a poter compiere scelte, ad ascoltare coscientemente l’insegnamento del monaco mendicante che gli indica la via che conduce alla cessazione del dolore. Risvegliandosi dal suo sogno, egli si libera da tutte le catene, d’oro e di ferro. Ma è a lui che tocca l’impegno di camminare sul sentiero.
 Fine


da: " Buddismo Tibetano,  simboli di una tradizione"  di Claude B. Levenson, Mondadori

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