mercoledì 30 marzo 2016

Zen è " la coscienza quotidiana".....**


Dobbiamo  ridiventare "come bambini" attraverso lunghi anni di esrcizio nell' arte di dimenticare se stessi. Quando questo è raggiunto, l'uomo pensa eppure non pensa. Pensa come la pioggia che cade dal cielo; pensa pensa come le onde che corrono sul mare; pensa come le stelle che illuminano il cielo notturno; come le foglie verdi che germogliano sotto la brezza primaverile. Infatti è lui stesso la pioggia, il mare, le stelle, il verde. Quando l'uomo ha raggiunto questo grado di sviluppo " spirituale" è un maestro Zen della vita. 
Non ha bisogno come il pittore di tela, pennello e colori. Non ha bisogno come l'arciere di arco e freccia e bersaglio. Ha le sue membra, il suo corpio, la testa. La sua vita nello Zen si esprime attraverso questi  due "strumenti", che sono importanti come forme della sua manifestazione. Le sue mani e i suoi piedi sono i pennelli, e il mondo intero è la tela su cui dipingere la sua vita per settanta, ottanta, novanta anni. Tale quadro si chiama " storia".

Introduzione di Daisetz D. Suzuki a " Lo Zen e il tiro con l'arco"

martedì 29 marzo 2016

Zen è la coscienza quotidiana.....*


Zen è " la coscienza quotidiana". Questa " coscienza quotidiana" non è altro che "dormire quando si è stanchi, mangiare quando si ha fame". Non appena noi consideriamo, riflettiamo e formiamo concetti, l'inconsapevolezza originaria va perduta e sorge un pensiero. Non mangiamo più quando mangiamo, non dormiamo più quando dormiamo, La freccia è scoccata, ma non vola dritta al bersaglio, e anche il bersaglio non è lì dove deve stare.
L' uomo è un essere pensante, ma le sue grandi opere vengono compiute quando non calcola e non pensa...
Daisetz D. Suzuki 

sabato 26 marzo 2016

" Si" tira, " Si" colpisce....





...In quei mesi passai attraverso la scuola più dura della mia vita e imparai a poco poco a conoscere quanto le debbo. Essa distrusse gli ultimi stimoli ad occuparmi di me stesso e delle oscillazioni del mio stato d'animo.
" Capisce ora " mi chiese un giorno il Maestro, dopo un colpo ben riuscito  che significa: " Si" tira, " Si" colpisce?".  " Io temo" risposi " di non capire più nulla, anche la cosa più semplice mi si confonde. Sono io che  tendo l'arco, o è l'arco che mi trae alla massima tensione? Sono io che colpisco il bersaglio o è il bersaglio che colpisce me? Quel " Si " è spirituale agli occhi del corpo e corporeo agli occhi dello spirito - e ambedue le cose o nessuna delle due? Tutto questo, arco, freccia, bersaglio e Io si intrecciano fra loro in modo che non so più separarli. E persino il bisogno di separarli è scomparso. Perché non appena tendo l'arco e tiro, tutto diventa così chiaro e naturale e così ridicolmente semplice...."
" Proprio ora" mi interruppe il Maestro " la corda dell'arco l'ha trapassata da parte a parte".
da " Lo zen e il tiro con l'arco" di Eugen Herrigel - Adelphi

 

lunedì 21 marzo 2016

Se i profeti irrompessero....






“Se i profeti irrompessero
per le porte della notte
Incidendo ferite di parole
Nei campi della consuetudine,
se i profeti irrompessero
per le porte della notte
e cercassero un orecchio come patria,
orecchio degli uomini,
ostruito d’ortica,
sapresti ascoltare?”

Nelly Sachs

Ascoltare il silenzio......






Ascoltare il silenzio:
E’ un punto capitale. E’ necessario anche ascoltare il silenzio, è questo uno degli esercizi più difficili in assoluto. Ci sono due tipi di silenzio. C’è il silenzio “nero” è soltanto l’assenza delle parole. Questo silenzio fa paura, perciò si cerca di evitarlo con ogni mezzo. Così oggi si moltiplica il suono tanto da essere storditi. E’ l’ottundimento cui si ricorre per impedire il suono terribile del silenzio “nero”. E’ un silenzio che fa impazzire. E’ il silenzio della solitudine. C’è poi il silenzio “bianco”. Il bianco non è incolore, ma è la sintesi di tutti i colori. Questo è il silenzio che deve nascere dentro di noi - per ascoltare quella voce di silenzio che è la voce di Dio….bisogna imparare che Dio parla nel silenzio e che le cose più importanti del nostro io- anche quelle relative alla nostra coscienza- parlano nel silenzio…
Il grande filosofo greco Pitagora diceva:
“Il sapiente non rompe il silenzio se non per dire una cosa più importnte del silenzio”
Quindi egli concepiva il silenzio come “il grembo” dal quale nascono le grandi verità , il grembo nel quale si comunica con Dio e si riceve la verità suprema, anche la verità su se stessi e così scopriamo il vuoto che c’è in noi. E riusciamo a capire che il silenzio “bianco” è anche il linguaggio dell’amore. Lo diceva il filosofo credente Pascal che scriveva:
“In amore come nella fede i silenzi sono più eloquenti delle parole”
La fede ha avuto come punto terminale, come esperienza più alta, la mistica, vale a dire l’entrare nel mistero.
“Mistica” e Mistero” derivano infatti dallo stesso verbo greco muei, per pronunciare il quale bisogna chiudere le labbra, un verbo che significa “tacere”. E’ il silenzio, ma il silenzio pieno ed infinito. Questo è il grande esercizio da compiere….
…Dio è mistero: Dio il cui nome non può essere pronunciato è voce di “silenzio”.
…Quando Giobbe arriva all’ultimo livello della sua drammatica esistenza dice:” Io ti conoscevo per sentito dire, ora i miei occhi ti vedono”. L’ascolto finisce e comincia la visione. Si vede soltanto e si tace. Perciò l’ascolto del silenzio è l’esercizio più alto dell’esperienza spirituale.
Gianfranco Ravasi - I Classici dello Spirito- Fabbri ed. Milano 1977


E' soltano nel silenzio che può esistere l'amore......





E’ soltanto nel silenzio che può esistere l’amore. La qualità dell’amore non nasce
dal desiderio, dal conflitto e da tutto ciò che è bruttura e tortura: viene in essere dalla comprensione del tempo, dello spazio, del desiderio, del piacere; è allora che si rende evidente che l’amore non è desiderio e piacere.  Quella mente innocente può risolvere tutti i problemi, tutte le sfide che incontra. E’ totalmente consapevole di tutti i problemi dell’uomo, e diventa incommensurabile. Per una tale mente non c’è tempo e non c’è morte; per arrivare ad una tale mente bisogna porre fine al dolore; la fine del dolore è l’inizio della saggezza.

 Ravi Ravinda  Krishnamurti ”Due uccelli sul ramo”
Ed. Il Punto D’Incontro, Vicenza 1999 

Il silenzio ha molte qualità....





Il silenzio ha molte qualità...C’è il silenzio tra due rumori, il silenzio tra due note, il vasto silenzio tra due pensieri. C’è quella peculiare quiete che pervade il silenzio che cala la sera in campagna, c’è il silenzio attraverso il quale si ode l’abbaiare di un cane in lontananza o il fischio di un treno mentre arranca in una salita; il silenzio di una casa quando tutti sono andati a dormire e la peculiare enfasi quando ci si risveglia nel cuore della notte e si ascolta un gufo nella valle...C’è il silenzio della mente che non è mai toccato da nessun rumore, da nessun pensiero o dalla brezza passeggera dell’esperienza. E’ il silenzio ad essere innocente, essendo così senza fine. Quando c’è il silenzio della mente, l’azione origina da esso e quest’azione non causa confusione o miseria...
La mente meditativa fluisce in questo silenzio e l’amore è il sentiero di questa mente.
In questo silenzio c’è beatitudine e risata.

Ravi Ravinda, Krishnamurti "Due uccelli sul ramo"
Ed. Il Punto D’Incontro, Vicenza 1999 

sabato 19 marzo 2016

Se si tralascia la benevolenza....






Se si tralascia la benevolenza per essere coraggiosi, 
se si tralascia l’ultimo per essere il primo, 
allora si muore. 
S.S. il Dalai Lama