martedì 14 marzo 2017

Lo Yoga nella Baghavagita cantoVIII, XII ****


Arjuna ha la visione della Forma universale




Canto VIII

12-13. Colui che, chiudendo tutte le porte dei sensi, bloccando la mente all’interno del cuore, fissando nella testa il proprio soffio vitale, praticando la meditazione logica ed emettendo quella preghiera che è l’unica sillaba imperitura,OM, e non pensando che a me, se ne va, abbandonando il proprio corpo, quegli raggiunge il fine supremo.

14. Colui che, con la mente libera da ogni distrazione, mi custodisce costantemente nel suo pensiero, per quello yogin sempre unificato io sono facilmente accessibile o figlio di Prtha.

23. Quanto al tempo in cui gli yogin deceduti accedono al non ritorno o al ritorno, di quel tempo io ti dirò.

27. ..Conoscendo queste vie, nessuno yogin si perde, per questo, o Arjuna, tu devi in ogni tempo essere unificato mediante lo Yoga.

CANTO  XII

Arjuna disse:

1.Fra quelli che, perpetuamente unificati, ti servono con devozione e quelli che onorono l’ Iimperituro non-manifestato, quali sono i migliori esperti nello Yoga?

Il Beato Signore disse:

2. Coloro che, unificati, assorbendo la mente in me, mi adorano costantemente, e che possiedono una fede estrema, costoro ai miei occhi, sono gli yogin più perfetti.

3-4. Ma coloro che onorano l’Imperituro indefinibile e non manifestato, onnipresente, inconcepibile, inalterabile, immobile e saldo, pur reprimendo da ogni parte la schiera delle loro funzioni sensibili e mantenendo il pensiero uguale in ogni punto, costoro, nella loro passione per il bene di tutti gli esseri, accedono a me.

5. Ma di coloro il cui cuore si attacca al non-manifestato assai maggiore è la pena, perché la via del non-manifestato è di doloroso e arduo accesso per gli esseri legati ad un corpo.

6-7. Ma di coloro che in me depongono tutti i loro atti, che non hanno altra gioia che me e mi adorano raccogliendo in me il loro pensiero con una disciplina esclusiva, per costoro io sono colui che li ritrae prontamente dall’oceano della trasmigrazione e della morte, essi, figlio di Pritha,che in me inseriscono il loro cuore.

8. Poni in me il tuo pensiero, introduci in me il tuo giudizio, tu dimorerai in me; su questo punto non vi sono dubbi.

9. Ne caso che tu non potessi rendere saldo in me il tuo pensiero, Dhanamjaya, cerca allora di attingermi mediante la disciplina di una pratica assidua.

10. Nel caso tu non fossi neppure capace di pratica assidua, prendimi come fine ultimo della tue azioni. Anche soltanto dedicandomi i tuoi atti, otterrai la perfezione.

11. Nel caso tu non potessi fare nemmeno questo, ricorri alla disciplina dell’unione con me; padroneggiandoti, pratica dell’abbandono totale del frutto delle tue azioni.

12. Perché la conoscenza vale più della pratica assidua; il raccoglimento supera la conoscenza, l’abbandono dei frutti dell’atto supera il raccoglimento. La pace consegue immediatamente tale abbandono.

13-14. Non portando odio ad essere alcuno; amichevole e compassionevole, distaccato dal mio e dall’io, eguale nel dolore e nel piacere, paziente, sempre soddisfatto, lo yogin padrone di sé la cui risoluzione è salda, la mente e il giudizio fissati su di me, quegli, mio devoto adoratore mi è caro.

16. Colui che è indifferente, puro, capace, non impegnato, che abbandona ogni impresa, quegli, mio devoto adoratore, mi è caro.

17. Colui che non esulta, che non odia, non si affligge, non aspira a nulla, si disinteressa della prosperità come della sfortuna, quegli, mio devoto adoratore, mi è caro.

18-19. Colui che è uguale verso il nemico e l’amico, così come verso l’onore e il disonore, che rimane lo stesso nel freddo e nel caldo, nel piacere e nel dolore, libero da attaccamento, eguale nel biasimo e nella lode, silenzioso, che s’accontenta di tutto- qualunque cosa accada-, senza dimora, col pensiero saldo, pieno di devozione, quell’uomo mi è caro.

20. Quanto a coloro che servono con onore questa santa verità, quale io l’ho proferita, pieni di fede, prendendo me per fine supremo, costoro, miei devoti, mi sono sommamente cari..

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