venerdì 10 aprile 2015

La danza dei dervisci rotanti *




Shams - i Tabriz
…Benpensanti e moralisti, gente dalla mentalità ristretta, credono che danzare sia un sacrilegio. Pensano che Dio ci abbia fatto dono della musica , non solo la musica che riproduciamo con voci e strumenti, ma quella che sottende a tutte le forme di vita, per poi vietarci di ascoltarla. Non si accorgono che tutta la natura canta? Nell’universo tutto si muove secondo un ritmo: il battito del cuore, le ali di un uccello, il vento in una notte di temporale, il fabbro che lavora il ferro, i rumori che circondano nel ventre il bimbo non ancora nato… Tutto partecipa, in modo appassionato e spontaneo, a un’unica e meravigliosa melodia. La danza dei dervisci rotanti è un anello di questa catena infinita. Come una goccia d’acqua marina porta dentro di sé l’oceano intero, così la nostra danza riflette e insieme cela i segreti del cosmo.
Poche ore  prima della rappresentazione, Rumi e io ci ritirammo a meditare ….a noi si unirono i sei dervisci che si sarebbero esibiti quella sera. Insieme facemmo le abluzioni e pregammo. Poi indossammo i costumi. Avevamo già discusso ampiamente, prima, di quale fosse l’abbigliamento appropriato, e avevamo scelto dei costumi semplici nei colori della terra. Il copricapo color miele simboleggiava la lapide, la lunga veste bianca era il sudario, il mantello nero, la tomba. La nostra danza rappresentava il modo in cui i sufi si liberano del sé, lasciandolo cadere come una vecchia pelle morta.
Prima di uscire sul palco, Rumi recitò una poesia:

Con la tua grazia, la sofferenza si muta in gioia.
Con la tua lode, la vita diventa infinita.
Pena è l’amore, eppure è gioia.
Dolore reca il vino, eppure rallegra.
Per quanto sia difficile impegnarsi nell’amore, quanto è
Dolce lo scambio dei nostri cuori, mio diletto.



Dopo l’esposizione di tali sentimenti, eravamo pronti. Per primo si udì il suono del ney . Poi Rumi salì sul palco nel suo ruolo di semanzembashi. Uno alla volta lo seguirono i dervisci, a capo chino in segno di umiltà. L’ultimo a comparire doveva essere il maestro spirituale. Per quanto mi fossi fermamente opposto a queta idea, Rumi insistette perché fossi io a interpretare quella parte.
Lo hafiz cantò un versetto del Corano:

Per quanti credono fermamente, vi sono segni sulla terra e in voi stessi.
Non li vedete?

Poi il Kudum prese ad accompagnare il suono penetrante del ney e del rabab.

Ascolta questo ney che si lamenta; esso narra la storia della liberazione.
da quando mi han tagliato dal canneto, il mio lamento
fa gemere l’uomo e la donna.

Consegnandosi nelle mani di Dio, il primo derviscio ha iniziato a volteggiare, e gli orli delle sue gonne hanno preso vita vorticando come vivessero di vita propria. Tutti ci siamo uniti alla danza, ruotando finché attorno a noi non rimase altro che la presenza di Dio. Qualunque cosa abbiamo ricevuto dai cieli, l’abbiamo trasmesso alla terra, da Dio agli uomini. Ciascuno di noi si è trasformato in un legame che mette in comunicazione l’Amante con l’Amato. Al cessare della musica ci siamo inchinati tutti insieme davanti agli elementi dell’universo: terra, acqua, vento e fuoco, e al quinto elemento: il vuoto…..
op. cit.  349,50,51

SEMANZEMBASHI:  maestro della danza
KUDUM:  strumento a percussione fondamentale nella musica turca.

monumento a Shams i-Tabriz
 La brezza dell'alba ha segreti da dirti.
Non tornare a dormire.
Devi chiedere quello che davvero vuoi.
Non tornare a dormire.
C' e' gente che va avanti e indietro
attraverso le porte dove i due mondi si toccano.
La porta è tonda e aperta.
Non tornare a dormire.
Jala-ud-Din Rumi (1207-1273)


Gialal ad-Din Rumi nacque a Balkh, entro i confini dell’attuale Afghanistan,  il 30 settembre del 1207 dell’era cristiana. La sua nazionalità viene contesa fra afgani, iraniani e turchi, ma poetò in lingua persiana. Era figlio di Baha ad-Din Valad, soprannominato il Sultano dei Sapienti, mistico anch’egli. All’età di cinque anni, in seguito all’invasione mongola operata da Gengis Khan (1220) si rifugiò a Nishapur, in Iran, dove conobbe il grande poeta mistico Farid ad din Attar, il quale gli offrì il Libro dei Segreti e gli predisse una brillante carriera di maestro spirituale. Dopo il pellegrinaggio alla Mecca si stabilì in Turchia.

Il punto che desta maggior attenzione e riflessione nella vita spirituale di Gialal ad-Din Rumi è il misterioso incontro con Shams-i-Tabriz (letteralmente il Sole di Tabriz, nota città iraniana), il suo guru spirituale. Ma chi era questo misterioso personaggio? Perché è definito il Sole di Tabriz?

Numerose sono state le speculazioni fatte dagli studiosi ed anche le leggende sono numerose al suo riguardo. Alcuni lo definiscono un derviscio vagante, simile ai jurodivyi russi, pazzi sacri di indiscutibile fascino. Anche la sua morte è avvolta nel mistero: pare che Shams morì in un tumulto popolare nel 1247. Questo personaggio scomparve nel mistero così come era apparso. La venerazione di Rumi per questo misterioso maestro fu immensa, arrivò quasi a deificarlo, rappresentava per lui il simbolo vivo della persona trascendente di Dio. Rumi definisce Shams il divino sole del mondo, l’amato di tutti gli amanti, che muove tutte le anime e gli spiriti, un sole che possiede tutte le conoscenze, assiso sul trono dei significati profondi. Affermò che solo se il Sole di Tabriz ti tira verso il suo fianco protettore, solo allora, uscito dalla cattività del corpo, potrai ritornare all’orbe celeste.
 

Nessun commento:

Posta un commento