giovedì 3 marzo 2016

La natura del Sé è il silenzio......




 
La natura del Sé è il silenzio.....

…C’era qualcosa lassù che col passare del tempo divenne per me sempre più importante: il silenzio. E’ un’esperienza a cui non siamo più abituati. Lassù faceva da sfondo a tutte le esperienze.
C’erano vari silenzi ed ognuno aveva le sue qualità. Di giorno il silenzio era la somma del cinguettare degli uccelli, del gridare degli animali, del soffiare del vento su cui non compariva mai un suono che non venisse dalla natura: non il rumore di un motore, né quello prodotto da un uomo. Di notte il silenzio era un unico sordo rimbombo che usciva dalle viscere della terra, attraversava i muri, entrava dappertutto. Il silenzio lassù era un suono. Un simbolo dell’armonia dei contrari a cui aspiravo? I miei orecchi, mi accorgevo, non sentivano assolutamente nulla, ma quel rimbombo era fuori e dentro la mia testa. La voce di Dio? La musica delle sfere? Stando in ascolto, anch’io cercavo di definirlo ed immaginavo un enorme pesce che cantava sul fondo del mare.
Meraviglioso il silenzio! Eppure noi moderni, forse perché lo identifichiamo con la morte, lo evitiamo, ne abbiamo quasi paura. Abbiamo perso l’abitudine a stare zitti, a stare soli. Se abbiamo un problema, se ci sentiamo prendere dallo sgomento, preferiamo correre a frastornarci con un qualche rumore, a mischiarci a una folla anziché metterci da una parte , in silenzio, a riflettere.  Uno sbaglio, perché il silenzio è l’esperienza originaria dell’uomo. Senza il silenzio non c’è parola. Non c’è musica. Senza silenzio non si sente. Solo nel silenzio è possibile tornare in sintonia con noi stessi, ritrovare il legame fra il nostro corpo e tutto quello che  ci sta dietro.
Un tempo predicavo, a chi mi voleva ascoltare, la santità del silenzio, finché tra le vecchie storie indiane ne avevo trovata una che in poche parole spiega tutto.
Un re va da un famoso rishi nella foresta.
“Dimmi qual è la natura del Sé?”chiede
Il vecchio lo guarda e non risponde.
Il re ripete la domanda. Il rishi non risponde. Il re chiede di nuovo la stessa cosa, ma il rishi resta muto.
Il re s’arrabbia e urla:”Io chiedo e tu non rispondi!”
“Tre volte ti ho risposto ma tu non stai a sentire” dice calmo il rishi. “La natura del Sé è il silenzio.”
Ramana Maharishi, il mistico indiano morto nel 1950 nel suo ashram ai piedi dell’Arunachal, la montagna che lui si era scelto come guru, era solito dire:” Ci sono vari modi di comunicare con qualcuno: toccandolo, parlandogli, ma soprattutto col silenzio.”  Il silenzio di Ramana era “potente” e tantissimi visitatori erano sopraffatti dalla sua semplice presenza. Somerset Maugham, lo scrittore inglese, entrò nella stanza dove Ramana sedeva e svenne. Lo psicologo Carl Jung, pur avendo già preso accordi per incontrare il grande mistico durante il suo soggiorno indiano, all’ultrimo momento rifiutò di andarci. Forse temette che il semplice silenzio di Ramana facesse crollare la sua teoretica visione della psiche.
Col passare dei giorni avevo l’impressione che al silenzio fuori dal mio rifugio nelle montagne corrispondesse sempre di più un silenzio dentro di me e questo, unito alla solitudine, mi dava momenti di vera esaltazione. Senza distrazioni, senza stimoli esterni, la mente era libera di seguire i suoi fili, di uscire dai suoi limiti e alla fine di calmarsi. Una mente silenziosa non vuol dire una mente senza pensieri. Vuol dire che i pensieri avvengono in quella quiete e possono essere osservati. Possono essere pensati meglio. Possono essere meglio osservati.
Mai come oggi il mondo avrebbe bisogno di maestri di silenzio e mai come oggi ce ne sono così pochi. Bisognerebbe averli nelle scuole: ore dieci lezione di silenzio.
Una lezione difficile perché, sintonizzati come siamo sulla costante cacofonia della vita nella città, non riusciamo più sentire il silenzio. Eppure, varrebbe la pena provare.

Tiziano Terzani “ Un altro giro di giostra 



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