mercoledì 10 maggio 2017

Sullo Yoga del sesso....








Sull’Yoga del sesso – dalle Lettere  di Sri Aurobindo
“Non esiste errore più pericoloso dell’accettare l’intrusione del desiderio sessuale  e la sua soddisfazione sotto qualsiasi forma considerandoli parte della sadhana. Sarebbe il modo più sicuro per finire dritti dritti in uno scivolone spirituale e per far precipitare nell’atmosfera forze che bloccano la discesa sopramentale, lasciando scendere al suo posto potenze vitali avverse che seminano confusione e catastrofe. Affinché la Verità si possa manifestare e l’Opera possa compiersi, questa deviazione va decisamente respinta ed estirpata dalla coscienza fin dal suo primo apparire.
Altro errore è supporre che basti respingere il concreto atto sessuale e che invece la sua imitazione interiore faccia parte della trasformazione del centro sessuale. L’azione dell’energia sessuale nella Natura è un meccanismo che ha i suoi propri fini nell’economia della creazione materiale ignorante. Ma la vibrazione dell’eccitamento vitale che le si accompagna crea nell’atmosfera le condizioni più favorevoli all’irrompere di quegli esseri e di quelle forze vitali che esistono al solo fine di impedire la discesa della luce sopramentale. Il piacere che si associa alla sessualità non è la forma vera dell’Ananda divino, ma una sua forma degradata. Il vero Ananda divino nel fisico ha una qualità, una sostanza e un movimento assai diversi: esiste essenzialmente in sé, e il suo manifestarsi dipende soltanto dall’unione interiore col Divino.  Voi parlate di Amore divino; ma quando l’Amore divino tocca il fisico non smuove certo le grossolane tendenze del vitale inferiore; assecondarle vuol dire respingere l’Amore divino  e costringerlo a tornarsene a quelle altezze da cui è già tanto difficile farlo scendere nella pesante creazione materiale che lui solo può trasformare. Cercate l’Amore divino attraverso la sola porta da cui è disposto a passare: quella dell’essere psichico; e respingete gli abbagli del vitale inferiore.”


L’Agenda di Mére
IX – 1968     Pag. 37

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