L’universo
dei colori si qualifica come fenomeno complesso, in cui si intrecciano aspetti
fisici e psichici, magici e scientifici, reali e simbolici. La natura fisica
del colore, abitualmente identificata con la sua realtà oggettiva, è soltanto
uno di questi aspetti. Gli oggetti sono colorati perché riflettono le
radiazioni luminose e il loro particolare colore è dato dalla particolarità con
cui esse le riflettono. Ma ciò non esaurisce la realtà del colore. Per essere
percepite queste radiazioni hanno bisogno di un organo di senso ( l’occhio) e
di un apparato di decodificazione degli stimoli ( i centri ottici del sistema
nervoso centrale). Dunque la realtà
cromatica non è solo funzione dell’oggetto percepito, ma anche del
soggetto che percepisce.
Di
sicuro fino a tempi molto vicini i linguaggi umani sono stati assai poveri di termini che indicano i colori: l’esempio
più di frequente riportato dalla letteratura specialistica è quello della
ristretta gamma di cromatismi citati nei poemi omerici, dove i termini che
indicano i colori sono assai imprecisi e accolgono entro una stessa
denominazione colorazioni che per noi sono nettamente distinte. Per esempio il
termine kuàneos indica sia l’azzurro, sia il colore plumbeo del cielo ed in
generale ogni colore scuro; glaucos indica l’azzurro chiaro, il cilestrino, il
verde, il grigio verde. Quando poi si va ancora più a ritroso nel tempo si
scopre che la semantica arcaica è particolarmente povera di termini che
indicano i colori, talvolta fino ad indicare solo il semplice binomio“ bianco
“ e “ nero”. Quando è presente un terzo termine questo è sempre il rosso,
quando poi il linguaggio si arricchisce per indicare un altro distinto colore
si tratta a volte del giallo, a volte del verde, e quando ne compare un quinto
si tratta sempre del blu. Seguono poi il viola, l’arancione, il marrone, il
grigio e gli altri. Queste considerazioni non presentano un interesse
unicamente linguistico o letterario, ma anche psicologico.
Un linguaggio povero di terminologie
cromatiche sarebbe dunque testimonianza di una povertà percettiva, mentre un
linguaggio particolarmente ricco sarebbe testimonianza di una maggiore
ricchezza percettiva. Ciò è come dire che è difficile percepire colori che non
sappiamo denominare e che, al contrario, quando si ha una percezione cromatica
molto differenziata si ha un linguaggio articolato. Esempi sono dati dalla
molteplicità terminologica che gli Esquimesi possiedono per il bianco, oppure
dalla varietà dei termini con cui i Maori denominano il rosso e quella con cui
gli Indiani delle Pianure indicano la gamma dei verdi. cont
Nessun commento:
Posta un commento