La ruota della vita
trascrive visivamente le diverse tappe delle esistenze. La troviamo generalmente
dipinta sui muri, su carta o sui tessuti, in tutti i monasteri. Essa ricorda a
tutti gli esseri sensibili che il fine supremo è nel risveglio. Riprodotta e
raffigurata senza sosta, essa ha accompagnato generazione di nomadi o di fini
letterati nelle molteplici strade della ricerca e della devozione, rammentando
a ognuno il tempo che passa e le Quattro Nobili Verità: l’ esistenza del
dolore, la sua origine e le sue cause, la sua cessazione e la via che vi
conduce.
Tradizionalmente, il
Signore della Morte dallo sguardo adirato, con i denti sporgenti e la fronte
cinta da una macabra corona, tiene stretto tra le braccia un grande disco dove
sono iscritti quattro cerchi concentrici di dimensioni codificate. Munito di artigli, con una pelle di
tigre di cui intravediamo la coda e le
zampe posteriori, questo personaggio terrificante porta dei gioielli a
serpentina. Si ritiene che raffiguri il
destino, ciò che usualmente si chiama il Karma, e che simbolizzi il carattere
transitorio di tutti i fenomeni.
Il percorso da seguire per intraprendere
questo breviario esistenziale inizia al centro.
Il primo cerchio contiene i tre
veleni spirituali responsabili dei mali a venire; un maiale nero per l’ignoranza, un serpente verde per l’odio
e l’invidia, un gallo rosso per il desiderio e la cupidigia.
Un secondo cerchio
lo circonda, per metà bianco e metà nero. Chiunque si lascia intrappolare dai
cattivi impulsi imbocca il cammino dell’ombra
( ngandro lam ) che conduce alle rinascite infelici ed agli inferi. Gli
altri imboccano il sentiero della luce ( dedro lam ) che conduce alle migliori
Rinascite e alle terre della liberazione. continua
da: " Buddismo Tibetano" di Claude B. Levenson, Mondadori
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