Arjuna ha la visione della Forma universale |
Canto VIII
12-13. Colui che, chiudendo tutte le porte dei sensi, bloccando la
mente all’interno del cuore, fissando nella testa il proprio soffio vitale,
praticando la meditazione logica ed emettendo quella preghiera che è l’unica
sillaba imperitura,OM, e non pensando che a me, se ne va, abbandonando il proprio
corpo, quegli raggiunge il fine supremo.
14. Colui che, con la mente libera da ogni distrazione, mi custodisce
costantemente nel suo pensiero, per quello yogin sempre unificato io sono
facilmente accessibile o figlio di Prtha.
23. Quanto al tempo in cui gli yogin deceduti accedono al non ritorno o
al ritorno, di quel tempo io ti dirò.
27. ..Conoscendo queste vie, nessuno yogin si perde, per questo, o
Arjuna, tu devi in ogni tempo essere unificato mediante lo Yoga.
CANTO XII
Arjuna disse:
1.Fra quelli che, perpetuamente unificati, ti servono con devozione e
quelli che onorono l’ Iimperituro non-manifestato, quali sono i migliori
esperti nello Yoga?
Il Beato Signore disse:
2. Coloro che, unificati, assorbendo la mente in me, mi adorano
costantemente, e che possiedono una fede estrema, costoro ai miei occhi, sono
gli yogin più perfetti.
3-4. Ma coloro che onorano l’Imperituro indefinibile e non manifestato,
onnipresente, inconcepibile, inalterabile, immobile e saldo, pur reprimendo da
ogni parte la schiera delle loro funzioni sensibili e mantenendo il pensiero
uguale in ogni punto, costoro, nella loro passione per il bene di tutti gli
esseri, accedono a me.
5. Ma di coloro il cui cuore si attacca al non-manifestato assai
maggiore è la pena, perché la via del non-manifestato è di doloroso e arduo
accesso per gli esseri legati ad un corpo.
6-7. Ma di coloro che in me depongono tutti i loro atti, che non hanno
altra gioia che me e mi adorano raccogliendo in me il loro pensiero con una
disciplina esclusiva, per costoro io sono colui che li ritrae prontamente
dall’oceano della trasmigrazione e della morte, essi, figlio di Pritha,che
in me inseriscono il loro cuore.
8. Poni in me il tuo pensiero, introduci in me il tuo giudizio, tu
dimorerai in me; su questo punto non vi sono dubbi.
9. Ne caso che tu non potessi rendere saldo in me il tuo pensiero,
Dhanamjaya, cerca allora di attingermi mediante la disciplina di una pratica
assidua.
10. Nel caso tu non fossi neppure capace di pratica assidua, prendimi come
fine ultimo della tue azioni. Anche soltanto dedicandomi i tuoi atti, otterrai
la perfezione.
11. Nel caso tu non potessi fare nemmeno questo, ricorri alla
disciplina dell’unione con me; padroneggiandoti, pratica dell’abbandono totale
del frutto delle tue azioni.
12. Perché la conoscenza vale più della pratica assidua; il
raccoglimento supera la conoscenza, l’abbandono dei frutti dell’atto supera il
raccoglimento. La pace consegue immediatamente tale abbandono.
13-14. Non portando odio ad essere alcuno; amichevole e
compassionevole, distaccato dal mio e dall’io, eguale nel dolore e nel piacere,
paziente, sempre soddisfatto, lo yogin padrone di sé la cui risoluzione è
salda, la mente e il giudizio fissati su di me, quegli, mio devoto adoratore mi
è caro.
16. Colui che è indifferente, puro, capace, non impegnato, che
abbandona ogni impresa, quegli, mio devoto adoratore, mi è caro.
17. Colui che non esulta, che non odia, non si affligge, non aspira a
nulla, si disinteressa della prosperità come della sfortuna, quegli, mio devoto
adoratore, mi è caro.
18-19. Colui che è uguale verso il nemico e l’amico, così come verso
l’onore e il disonore, che rimane lo stesso nel freddo e nel caldo, nel piacere
e nel dolore, libero da attaccamento, eguale nel biasimo e nella lode,
silenzioso, che s’accontenta di tutto- qualunque cosa accada-, senza dimora,
col pensiero saldo, pieno di devozione, quell’uomo mi è caro.
20. Quanto a coloro che servono con onore questa santa verità, quale io
l’ho proferita, pieni di fede, prendendo me per fine supremo, costoro, miei
devoti, mi sono sommamente cari..
Nessun commento:
Posta un commento