martedì 28 marzo 2017

Il termineYoga in sanscrito.....








 Il termine Yoga in sanscrito ha molti significati. In senso letterale, che è etimologicamente affine al latino iugum, al tedesco joch e al nostro giogo, esso significa “aggiogare” e in traslato, l’impiego di tutte le forze per tendere al raccoglimento e alla concentrazione dell’attività spirituale su un punto: ciò significa la contemplazione portata al grado di perfezione artistica. La stessa parola è pure usata nel senso di “messa in azione”, “agire”, “prassi” e ancora nel significato di “unione” (per esempio unione dell’anima con la divinità): è anche adoperata per la “devozione” che produce quell’unione stessa.
Dato che l’essenza della dottrina yoga consiste in un sistematico tirocinio del pensiero, si deve far derivare il termine dall’equivalente indiano di “tensione”, senza dimenticare che anche il significato di “prassi”, “unione con la divinità e devozione” hanno maggiore o minore importanza a seconda dei casi, specie in alcune dottrine.
Già nel Rg-Veda si parla di sapienti e di divinità che avrebbero acquisito delle forze magiche mediante “tapas”, vale a dire riscaldamento interiore, una specie di profonda e silenziosa incubazione in se stessi: il canto 10,136 descrive un “Keshin” (asceta dai lunghi capelli) che nella sua estasi vola per l’aria e, vagando per il sentiero degli esseri e degli animali celesti, ne osserva tutti gli aspetti…….Nei Brahmana sono raccomandati la recitazione dei testi sacri , il mormorare delle sacre sillabe e del mistico suono “OM”, quali mezzi per giungere a conoscenze soprannaturali. Il Shathapatha (XI, 5,7,1) afferma che colui il quale intraprende per se stesso la recitazione del Veda raggiunge un allenamento spirituale che lo mette in condizione di raffrenare i sensi, acquistare la contentezza interiore e accrescere la conoscenza, senza tener conto della facoltà di dormire ottimamente ed essere il proprio medico….Si può quindi ben dire che le radici dello Yoga s’affondano già nel Veda e che le dottrine sulla meditazione dell’epoca classica rappresentano lo sviluppo, ottenuto attraverso un processo di spiritualizzazione e di interiorizzazione, delle concezioni enunciate embrionalmente nei Veda.
….Ma il fatto che si possano riscontrare delle forme preliminari di Yoga nei Veda non ci autorizza forzatamente a dedurre che si tratti di un fenomeno specificatamente ario: sarebbe piuttosto da pensare che siano stati valorizzati degli elementi pre-ari, tant’è vero che si è creduto di poter riconoscere uno Shiva assorto in meditazione in una rappresentazione di divinità seduta in una posizione yoga, ritrovata nel bacino dell’indo.
Nelle Upanishad del periodo antico si attribuisce già un compito importante alla meditazione (dhyana) e si fa pure menzione degli esercizi respiratori (Brh.1,5,3) e del ritirarsi degli organi nell’atman ( Chand.,8,15) come di mezzi ausiliari per la sua realizzazione. La parola “Yoga”, invece, non appare che nella Taitt. (2,4), dove si legge: “Lo Yoga è il Sé stesso (atman) nel Se stesso consistente nella coscienza (vijnanamaya atman) “ Nelle Upanishad del periodo medio, invece, non solo incontriamo parecchie volte il termine “Yoga”….Lo Yoga occupa un posto preminente nel Mahabharata. In numerosi punti esso appare come il corrispondente pratico del Sankhya teoretico:…se con l’ausilio del sankhya si poteva progredire fino alla conoscenza dello “Spirito tutto”, con gli esercizi yoga se ne raggiungeva la realizzazione pratica….


Von Glosenapp
Filosofia indiana
       pag 153-4

Nessun commento:

Posta un commento