Tutta la speculazione indiana è volta alla ricerca di
una via di salvezza dalla realtà esistenziale, concepita come dolorosa che
condanna l’individuo a vivere un perpetuo ciclo costituito da nascita, vita,
morte, successiva rinascita, esistenza…in una successione senza fine, in cui
rimane solo lo spazio per una pena infinita ed un greve dolore. Nel pensiero e
nella tradizione indiano è costantemente presente l’aspirazione alla
liberazione (moksa), all’affrancamento da
questo perverso ciclo, chiamato (samsara). Che cosa da origine al
samsara, perché questa colossale condanna alla vita, perché questo dolore
cosmico? In ciascun individuo esiste un dualismo tra tra un Sé eterno,
inattaccabile spettatore, non corrotto né coinvolto dall’agire e dal vivere,
stabile ed etername
nte immutabile, e il mutevole complesso psicofisico che
appare come la parte volitiva, agente, ed è considerato erroneamente come
cosciente. Ogni azione compiuta da questa entità individuata da un Ego, dotato
di determinati pensieri, emozioni, desideri, desideri, crea un legame (bandha).
Ciascun atto compiuto, o detto, o anche solo pensato,
non è mai in se conchiuso, bensì diventa seme di azioni future. Qualsiasi gesto
sia positivo sia negativo, e così anche la più insignificante tra le azioni,
come far reclinare un filo d’erba con un soffio, è gravido di conseguenze che
si svilupperanno, “matureranno”, si compiranno nel corso del tempo. Il frutto
dell’azione si potrà manifestare nell’istante successivo al fatto, o un’ora
dopo, oppure l’anno seguente, ma anche dopo un periodo di tempo tanto lungo da
sfiorare l’inimmaginabile.
Il
Karman- questo
è il termine che indica sia l’atto sia la legge di causa ed effetto innescata
da quest’ultimo- è la causa efficiente del ciclo samsarico. Ogni individuo reca
in sé un’impronta subliminale(vasana) causata dalle azioni
compiute nelle precedenti esistenze: sono queste latenze psichiche a
condizionare ogni azione e ogni pensiero(samkalpa),e
si attua così un circolo chiuso: karman/vasana/samkalpa/Karman.
Si vede bene che il meccanismo non presenta alcun
punto debole; si autorrinnova e si rafforza continuamente. Anche il tentare di
fuggire crea altro legame, proprio come un pesce, preso nella rete di un
pescatore, si rinserra sempre più fra le maglie nei forsennati spasimi della
fuga. Spezzare il cerchio, affrancarsi dal samsara:
questa è l’aspirazione prima, è la costante tensione. Lo Yoga è il mezzo e il
fine di questa ricerca.
Hatha-yoga
Pradipika
A cura di Giuseppe Spera
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