“ Chi sa scegliere
tempo e luogo,
distinguendo il
possibile dall’impossibile e riconoscendo i propri limiti,
avrà successo nella
vita” Buddha
Secondo un recente studio del “ Journal
of Psychosomatic Medicin ” chi pratica quotidianamente la meditazione si
ammala di circa il 50% in meno. In un campione di duemila meditanti, le
malattie nervose e cardiache sono state inferiori dell’87% e i tumori del 55%;
è stato anche dimostrato che, meditando regolarmente, si guarisce più
rapidamente da disturbi respiratori, da ipertensione, da asma e da stress.
Questi dati non sono sorprendenti se si considera che ad esempio il
Buddhismo propone la meditazione come metodo per giungere all’ “ estinzione
della sofferenza, alla fine della malattia”…benché per malattia si intenda nel buddhismo la vita
stessa. “ Alcuni cercano luoghi
solitari” scrive Marco Aurelio “ in campagna, al mare o sui monti. ..ma tutto
ciò è superfluo perché tu puoi, in qualunque momento, ritirarti in te
stesso.” Questo desiderio di rientrare in se stessi, di ritrovare se
stessi, è una spontanea disposizione meditativa, è lo stato d’animo più adatto
alla meditazione. Perché tutti i vari
stati d’animo che la vita ci offre sono adatti alla meditazione, non esiste
sentimento che non sia proficuo: la meditazione lavora per la vita e sulla
vita.
L’importante è che si sia consapevoli dello stato d’animo con cui ci
si siede e che lo si osservi attentamente, qualunque esso sia: scontentezza,
gioia, rabbia, depressione, serenità, desiderio, delusione, attaccamento…
La meditazione ha il compito di
riequilibrare le emozioni, non di spegnerle. Tutto è desiderio, tutto è
passione, anche il desiderio di liberazione. Il potere della meditazione
sta piuttosto nel riuscire a costruire
un “rifugio”, un’” isola di pace”, nel mezzo delle tempeste. Il Buddha usa l’a
similitudine di “ una montagna che non può essere abbattuta dal vento”. E Marco
Aurelio scrive che: “ la mente libera da passioni è una salda roccia: l’uomo non
ha luogo più sicuro dove rifugiarsi ed essere inespugnabile”.
Per meditare non c’è bisogno di
niente di esteriore, di nessun travestimento, di nessun cambiamento di
abitudini. La meditazione si concilia con qualsiasi condizione lavorativa e
sociale. Perché ciò che connota lo stato meditativo è una particolare forma di
sensibilità, di ricettività, di attenzione; il primo effetto della meditazione
è proprio il risveglio di queste facoltà. L’attenzione che era stata fin allora
concentrata nelle attività contingenti si focalizza sulla dimensione spirituale
della consapevolezza. E a questo punto tutto diventa meditazione:
Tamrabhadra, il XVI discepolo di Buddha. Parigi museo Guimet |
L’attenzione conduce
all’immortalità,
la disattenzione alla
morte.
Gli attenti non
muoiono,
i disattenti sono come
già morti”
Dhammapada
tratto da " Manuale di Meditazione", Claudio Lamparelli- Oscar saggi Mondadori
irene faro
Nessun commento:
Posta un commento