venerdì 7 febbraio 2014

Labirinto 2°

Il Labirinto di Arianna
Atelier sul mare
Fiumara d'arte Messina

Dai giardini pensili di Babilonia agli horti romani ai boschi sacri dei Druidi, fin dai tempi più antichi l’uomo ha pensato l’architettura dei giardini intesi come un vero e proprio “spazio magico”. Oggi noi moderni solo a fatica possiamo intuire, in parte, il suo significato profondo: per noi uno spazio, vegetale o architettonico, è “magico” quando produce nel nostro animo sensazioni arcane di mistero, quando tocca certe corde dimenticate del nostro senso estetico o vagamente religioso.

Per gli antichi, così come per le culture tradizionali, uno spazio è “magico” nel senso pieno e letterale del termine, quando viene concepito e realizzato per fungere, in base a precise caratteristiche strutturali e funzionali, quale luogo d’incontro tra l’umano e il divino. È quindi sinonimo di spazio “sacro” (da sacer che significa consacrato a una divinità, ma anche offerto come vittima e perciò maledetto, esecrando, abominevole, infame, ed ha, quindi, una doppia valenza), di luogo della ierofania: la rivelazione del divino. Con questa sfumatura di differenza. Che il “magico” implica una operazione teurgica, una consapevole operazione per catturare e imbrigliare un potere supernaturale ad opera di un sapere esoterico e tradizionale considerato, anch’esso, di origine superiore all’umana, e del quale il sacerdote-mago è in fondo un depositario temporaneo e condizionato, non un padrone assoluto (con l’unica, vistosa eccezione della magia nera).

Se questo è vero; se lo spazio magico-sacrale del giardino nasce come tentativo per propiziare il ristabilimento di un “ponte” fra il piano terrestre e il piano astrale-divino (si ricordi che “pontefice” viene appunto da pontifex: colui che getta un ponte), il tutto nella prospettiva olistica di un cosmo vivo in cui nulla è inerte, nulla è seprato e trascurabile: ecco allorache nel Labirinto, figura architettonica magico-sacrale per eccellenza, culmina e trionfa il progetto esoterico di un rinnovato sposalizio tra le forze umane e superumane, celesti.

Quando noi percorriamo i viali armoniosi e ordinati di un giardino costruito secondo i dettami di questa sapienza antichissima, ne ritraiamo una indimenticabile sensazione di pace, di serenità, di equilibrio, e al tempo stesso avvertiamo una indefinibile atmosfera di sospensione e di attesa che, nel caso del labirinto vegetale, evoca talvolta la dimensione del numinoso, ma anche, al limite, del pauroso e del tremendum.



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