Il Labirinto di Arianna
Atelier sul mare
Fiumara d'arte Messina
Dai
giardini pensili di Babilonia agli horti romani ai boschi sacri dei Druidi, fin
dai tempi più antichi l’uomo ha pensato l’architettura dei giardini intesi come
un vero e proprio “spazio magico”. Oggi noi moderni solo a fatica possiamo
intuire, in parte, il suo significato profondo: per noi uno spazio,
vegetale o architettonico, è “magico” quando produce nel nostro animo
sensazioni arcane di mistero, quando tocca certe corde dimenticate del nostro
senso estetico o vagamente religioso.
Per
gli antichi, così come per le culture tradizionali, uno spazio è “magico” nel senso pieno e letterale del termine,
quando viene concepito e realizzato per fungere, in base a precise
caratteristiche strutturali e funzionali, quale luogo d’incontro tra l’umano e il divino. È quindi sinonimo di
spazio “sacro” (da sacer che significa consacrato a una divinità, ma anche
offerto come vittima e perciò maledetto, esecrando, abominevole, infame, ed ha,
quindi, una doppia valenza), di luogo della ierofania: la rivelazione del divino. Con questa sfumatura di
differenza. Che il “magico” implica una operazione teurgica, una consapevole
operazione per catturare e imbrigliare un potere supernaturale ad opera di un
sapere esoterico e tradizionale considerato, anch’esso, di origine superiore
all’umana, e del quale il sacerdote-mago è in fondo un depositario temporaneo e
condizionato, non un padrone assoluto (con l’unica, vistosa eccezione della
magia nera).
Se
questo è vero; se lo spazio magico-sacrale del giardino nasce come tentativo
per propiziare il ristabilimento di un “ponte” fra il piano terrestre e il
piano astrale-divino (si ricordi che “pontefice” viene appunto da pontifex:
colui che getta un ponte), il tutto nella prospettiva olistica di un cosmo vivo
in cui nulla è inerte, nulla è seprato e trascurabile: ecco allorache nel
Labirinto, figura architettonica magico-sacrale per eccellenza, culmina e
trionfa il progetto esoterico di un rinnovato sposalizio tra le forze umane e
superumane, celesti.
Quando
noi percorriamo i viali armoniosi e ordinati di un giardino costruito secondo i
dettami di questa sapienza antichissima, ne ritraiamo una indimenticabile
sensazione di pace, di serenità, di equilibrio, e al tempo stesso avvertiamo
una indefinibile atmosfera di sospensione e di attesa che, nel caso del
labirinto vegetale, evoca talvolta la dimensione del numinoso, ma anche, al
limite, del pauroso e del tremendum.
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