“La vita di un uomo (bìos) è un arco ( biòs) e non un cerchio. L’inizio
non si congiunge con la fine per questo l’uomo muore” A parlare è una voce della cultura greca
classica: si tratta, infatti, del detto di un filosofo del VI sec., Alcmeone di
Crotone, un pensatore che aveva collocato nel cervello e non nel cuore- come
allora si riteneva- la sede della vita psichica e sensoriale. L’affermazione
gioca su due parole assonanti, bìos ”
vita” e biòs “ arco”. Da qui egli trae
il simbolo per delineare la nostra finitudine di creature. Noi non siamo un
cerchio perfetto e “compiuto” come accade in ciò che è infinito ed eterno, cioè
in Dio. Siamo un cerchio spezzato, un “ arco” incompiuto. Proviamo ad accostare
liberamente la concezione del libero pensatore alla parola finale di Gesù.
Egli può affermare, dall’alto del trono regale paradossale della croce,
di aver “compiuto” il cerchio della sua vita e della sua
missione, di aver così raggiunto la pienezza circolare. Noi, invece, siamo
legati ad una fine che lascia “incompiuti” tanti nostri progetti e spegne il
desiderio di andare oltre. Ebbene , se stiamo nella prospettiva della fede, si
possono fare due considerazioni. La prima : è necessario essere consapevoli
della propria “ finitudine” creaturale e colmarla con il nostro impegno
personale “ compiendo” le nostre opere di giustizia ed amore.
Nei Detti dei Padri della tradizione giudaica c’è un’affermazione
di Rabbi Tarfon :
“ Non spetta a te compiere l’opera, ma non sei libero di sottrartene” ( 2,16).
Questo appello all’impegno si
accompagna al monito di evitare l’hybris di
compiere noi da soli il cerchio della pienezza.
Si fa intuire allora, in sottinteso, la nostra seconda riflessione.
Colui che può “compiere” la creazione e la redenzione, può con la sua potenza
salvifica “compiere” fino alla perfezione anche la nostra esistenza.
Se è “Dio a suscitare in noi il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore”, dichiara San Paolo (Fil 2, 13), sarà ancora Lui a “portare a compimento l’opera buona” (Fil 1,6). E’ questa la “grazia” salvifica divina. La nostra “ Incompiuta” diverrà, così, un’armonia piena e perfetta. Dio ricongiungerà i due estremi del nostro arco imperfetto, creando anche in noi il cerchio del tetélestai divino.
Se è “Dio a suscitare in noi il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore”, dichiara San Paolo (Fil 2, 13), sarà ancora Lui a “portare a compimento l’opera buona” (Fil 1,6). E’ questa la “grazia” salvifica divina. La nostra “ Incompiuta” diverrà, così, un’armonia piena e perfetta. Dio ricongiungerà i due estremi del nostro arco imperfetto, creando anche in noi il cerchio del tetélestai divino.
Gianfranco Ravasi – Le sette parole
di Gesù in croce - Queriniana