mercoledì 28 giugno 2017

Noi crediamo nel " fare", l'indiano nell'immoto " essere"....


Sanchi



"Chi ha visto una volta il Borobudur e Sanchi  difficilmente può sottrarsi all’impressione che qui siano all’opera un atteggiamento spirituale o una concezione insoliti per l’europeo, se non è già avvertito dalle mille altre impressioni della vita indiana.” In quest’articolo Jung commemorava la morte di Zimmer a cui doveva la conoscenza approfondita di alcuni aspetti della cultura indiana, soprattutto dei miti e dei simboli antichi indiani e delle discipline dello Yoga e di altre particolari pratiche religiose…… “Dio- scriveva Jung-“ è per noi europei il signore dell’universo…abbiamo una religione dell’amore del prossimo…l’India invece parla di dhyana, meditazione ed immersione, la divinità è nell’intimo di tutte le cose e innanzi tutto nell’uomo, ci si volge dall’esterno all’interno….Noi crediamo nel “fare”, l’indiano nell’immoto “essere….La nostra pratica religiosa consiste nel venerare, adorare, glorificare; la pratica più essenziale per l’indiano è invece lo Yoga, l’immergersi in uno stato che noi diremmo incosciente, ma che egli vanta come la coscienza più alta” …."Attraverso il dhyana, cioè l’immersione e l’approfondimento della contemplazione, l’inconscio ha, come pare, preso forma. E’ come se la luce della coscienza, avendo cessato di illuminare gli oggetti del nostro mondo esterno sensibile, illuminasse ormai la tenebra dell’inconscio. "

Borobudur 


(C.G.Jung-La simbolica della spirito)
 
Tratto da “ Mandala”
di Antonio Monroy

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